Calascio

Calascio è un antico borgo montano situato a 1.200 metri sul versante meridionale del Gran Sasso d’Italia, in Abruzzo. La sua storia affonda le radici nell’età preistorica, quando, circa ottantamila anni fa, gruppi di uomini primitivi abitavano le grotte dei Grottoni di Calascio, lasciando testimonianze sotto forma di utensili in pietra e resti faunistici. Si tratta di reperti attribuiti all’uomo di Neanderthal, rendendo Calascio il sito con la più antica attestazione di presenza neandertaliana in Abruzzo. Le analisi archeologiche hanno individuato strumenti in selce associabili alla cultura musteriana, oltre a resti di fauna cacciata, segno di una frequentazione stabile e consapevole anche in ambienti montani e climaticamente impegnativi. Queste testimonianze confermano il ruolo del Gran Sasso come area di insediamento già nel Paleolitico medio, offrendo preziose informazioni sulla vita dei Neanderthal nell’Appennino centrale.

Nel corso dei millenni, il territorio venne stabilmente occupato. Durante l’età del Bronzo, popolazioni dedite alla pastorizia si insediarono nelle zone elevate; nell’età del Ferro, vennero costruiti recinti difensivi in pietra, alcuni ancora visibili presso il Monte delle Croci e Colle della Battaglia. In quel periodo, la zona era abitata dai Vestini, un popolo italico. A quell’epoca risalgono anche le necropoli, poi utilizzate fino ad epoca romana, della località Pesatero.

Con la conquista romana, intorno al 322 a.C., i Vestini furono progressivamente romanizzati. Una diramazione della Via Claudia Nova attraversava l’area, collegandola ai centri di Amiternum e Peltuinum. In età imperiale, Calascio rientrava nella Regione IV Sabina et Samnium, mantenendo comunque una vocazione montana e pastorale.

In seguito alla caduta dell’Impero Romano (476 d.C.), l’insicurezza spinse le popolazioni a cercare rifugio in altura. In questo contesto nacquero gli insediamenti di Calascio, Castelvecchio, Santo Stefano di Sessanio e Castel del Monte.

Nel periodo longobardo, Calascio fu posto sotto la giurisdizione religiosa del Monastero di San Vincenzo al Volturno. Il primo documento che cita Calascio è del 779 d.C., nel Chronicon Volturnense, in occasione di una disputa con gli abitanti di Carapelle. Il toponimo compare nuovamente in un documento dell’816 d.C., sotto l’imperatore Ludovico il Pio.

Durante i secoli IX e X, a causa delle incursioni saracene, si sviluppò un sistema difensivo basato su case-torri integrate nel paesaggio. Con il declino del potere monastico, Calascio passò sotto il dominio dei Conti Berardi di Celano, feudatari dell’Abruzzo interno.

Nel corso dei secoli successivi, il borgo fece parte della Baronia di Carapelle, che includeva anche Carapelle Calvisio, Castelvecchio, Rocca Calascio e Santo Stefano. Dal 1271, con l’assegnazione a Matteo Plessis da parte di Carlo I d’Angiò, la baronia passò tra varie famiglie: Colonna, Berardi di Celano, Caldora, Accrocciamuro e infine, nel 1464, ai Piccolomini.

Sotto i Berardi di Celano e poi dopo sotto i Piccolomini, Calascio conobbe un’epoca di splendore grazie alla pastorizia transumante e al commercio della lana. Nel 1474, la baronia possedeva oltre 90.000 pecore, e la lana di Calascio era rinomata anche fuori regione.

Nel 1579, la Baronia fu acquistata dai Medici, che avviarono un periodo di massimo sviluppo economico e culturale. Il territorio venne unificato in uno degli Stati Medicei d’Abruzzo, restando sotto tale dominio fino al 1743, quando passò ai Borbone delle Due Sicilie.

Il devastante terremoto del 1703 colpì duramente il borgo e la Rocca, provocando l’abbandono progressivo dell’insediamento in quota. Nel 1806, con l’abolizione del feudalesimo da parte di Giuseppe Bonaparte, la Baronia fu smantellata e Calascio annesso al Distretto dell’Aquila.

La crisi della pastorizia transumante, accentuata dalla soppressione della Dogana delle Pecore di Foggia, perchè venne scelto di coltivare i terreni del Tavoliere delle Puglie, provocò un lento declino economico e di spopolamento. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, molti abitanti emigrarono verso gli Stati Uniti, il Canada, l’Argentina e le grandi città industriali italiane. Il fenomeno dell’emigrazione “a catena” segnò profondamente il tessuto sociale del paese.

Durante la Seconda guerra mondiale, Calascio fu occupato dai tedeschi lungo la Linea Gustav. Nel 1944, due giovani furono uccisi per aver violato il coprifuoco, un episodio che lasciò un’impronta dolorosa nella memoria collettiva del paese.

Nel dopoguerra, il borgo visse un’ulteriore fase di spopolamento. Solo negli anni ’80 del Novecento, grazie all’interesse per la Rocca di Calascio e al turismo culturale, Calascio iniziò un lento processo di riscoperta e valorizzazione.

Oggi, pur restando un borgo scarsamente abitato in inverno, Calascio si anima nei mesi estivi, attirando visitatori da tutto il mondo grazie alla sua autenticità, al paesaggio intatto e al valore storico del suo territorio e grazie adesso al Progetto “Rocca Calascio Luce d’Abruzzo”, che vede il Comune di Calascio titolare di un Fondo PNRR grazie al quale sta realizzando un investimento di 20.000.000 di euro in progetti di rigenerazione culturale, sociale ed economica.

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